8 luglio

1916
Il discorso di Demostene

Il discorso di Demostene non fu particolarmente apprezzato dai cileni. Un discorso di questo tipo: "è la prima Copa América, è la prima partita del Brasile nella Copa América, è la mia prima partita nel Brasile, e questo che sta per arrivare è il mio primo gol nella Seleçao". Chiaro che, se si prova a seguire il ragionamento, ci si distrae e il gol lo si prende davvero, così poi tocca dannarsi l'anima per non perdere la partita. Una buona regola è quella di ignorare gli avversari dalla chiacchiera facile, ma i cileni avevano ancora poca esperienza, e inoltre doveva ancora ronzare nelle loro teste la logorroica performance degli argentini, che due giorni addietro li avevano convinti a incassare un eloquente sei a uno. Difficile sapere quanto valesse Demóstenes Correia de Syllos (foto) come goleador; probabile che la sua retorica pedatoria fosse inferiore a quella di El Tigre, Arthur Friedenreich. C'erano tutti e due, all'esordio del Brasile in una competizione continentale e ufficialmente riconosciuta. Ma parlò solo Demostene. Poi, verso la fine della riunione, chiese la parola un certo Hernando Salazar, cileno, che a nome dei suoi borbottò qualcosa di incomprensibile, e mentre si cercava un traduttore lui accompagnava in rete il pallone del definitivo uno a uno.
Tabellino
Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera


1964
Joe Gaetjens

Joe Gaetjens aveva alle spalle una carriera di calciatore sintetica: un solo gol importante - ma molto importante e altrettanto famoso -, quello bastato agli Stati Uniti  per battere l'Inghilterra nella Coppa del mondo del 1950. In America, lui - nato a Port-au-Prince - era emigrato da Haiti, e nell'isola tornerà a vivere. Ha circa 40 anni quando, l'8 luglio del 1964, "gli squadroni della morte di Papa Doc Duvalier lo prelevano nella sua casa di Port-au-Prince: non si è mai interessato di politica, ma la sua famiglia ha combattuto Duvalier e ora si è data alla macchia. Lui è rimasto, sicuro di non essere un obiettivo. Lo portano nella prigione di Fort Dimanche e lo fucilano. Il corpo non sarà mai più ritrovato" (Andrea Sorrentino, La Repubblica).


                                                                                                                                                                   
1982
Il 'pizzino' del Pelasgio

Quel mattacchione di Zbigniew Boniek si è fatto squalificare, e così può guardare tranquillamente seduto in tribuna la semifinale dei suoi contro l'Italia, penultimo capitolo del mundial '82. Per gli azzurri, la partita è abbastanza facile, specie ora che a Paolo Rossi basta sfiorare il pallone per metterlo alle spalle di qualsiasi portiere, e c'è persino da dubitare che lo faccia apposta. Quindi, il noiosissimo match è rimasto famoso soprattutto grazie a un episodio che riguarda il Pelasgio, alias Bruno Conti. Siamo quasi agli sgoccioli, lui sta lavorando l'ennesimo pallone sulla fascia sinistra, e lo fa da par suo. A un certo punto si ferma, estrae dalla tasca dei pantaloncini un pennarello, e scrive qualcosa sul cuoio. Sì, era anche lui un tipo bizzarro. A ogni modo, scrive e poi riprende a correre. Morbidissimo è il cross che parte dal suo prodigioso piede mancino; plana oltre il portiere, e Pablito ha tutto il tempo di leggere il messaggio che Bruno gli aveva indirizzato: "basta spingere". Ottimo suggerimento. Per metterlo in pratica, gli è sufficiente inginocchiarsi (foto) e attendere che la gibigiana esaurisca la sua parabola. Arriva puntuale, e lui segna il più facile gol della sua carriera. In effetti, bastava spingere.
Cineteca
Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera


1990
Uno strazio

Italia '90 chiude i battenti. All'Olimpico non c'è l'Italia, e così il pubblico fischia Maradona e l'inno argentino. Non era mai accaduto qualcosa del genere, prima di una finale. I due XI - l'Albiceleste e la Nationalmannschaft - arrivano spompate all'ultimo atto. A parte l'italica dimostrazione di inciviltà, si ricorda solo un penalty fasullo, anzi sacrosanto, chissà, che valse alla Germania la terza coppa del mondo. Tutto qui. Non sapendo cosa aggiungere, ci affidiamo a Gioann Brera. "Io non perdo finale del torneo dal lontano ahimè 1954: posso dire senza sentirmi né severo né tanto meno sadico di non avere mai assistito a uno strazio paragonabile a quello offerto da Germania-Argentina". Proprio così.
1995
Mondino

Si spegne, a Castel San Pietro Terme, Edmondo Fabbri. Ma era come se fosse morto già da tanto tempo, perché di lui tutti si erano dimenticati. "Non contava che fosse stato un'ala destra rapida e sgusciante. Non contava nemmeno che al suo esordio in panchina avesse realizzato un' impresa probabilmente irripetibile, trascinando in cinque stagioni il Mantova dalla serie D alla A. Non contava neppure che in seguito avesse guidato Torino e Bologna, Cagliari e Ternana, Reggiana e Pistoiese. Nell'immaginario collettivo, Fabbri, soprannominato 'Topolino' o anche 'Mondino' per la sua statura ridotta, aveva cessato di esistere come allenatore nella serata del 19 luglio 1966, cancellato a Middlesbrough dal gol del nordcoreano Pak Doo Ik, che aveva clamorosamente escluso l' Italia dal Mondiale inglese" (Mario Gherarducci, Corriere della Sera, 9 luglio 1995). Ti sia lieve la terra, avrebbe detto, nonostante tutto, Gianni Brera.
Storie di Calcio


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