9 gennaio

1938
La classe non evapora

Il Bari, in gita a Milano, visita come da programma l'Arena Civica. C'è una comitiva ad aspettarli, e il capo - Peppino Meazza - è di pessimo umore. Non ha proprio voglia di scherzare, e lascia per souvenir ad Alferio Cubi (portiere degli ospiti, nella foto) nientemeno che cinque palloni. Questa la descrizione del suo quarto cadeau su La Stampa: "Notevole l'ottava rete dell'Ambrosiana, segnata con un'azione vecchio stampo: fuga da metà campo e poderoso, imparabile tiro da venti metri". La classe non evapora con gli anni, e questa sarà l'ultima grande stagione del Pep: scudetto e coppa del mondo.


1972
Luisito non si emoziona mai

"Non mi ricordo che l'Inter in casa abbia preso quattro gol", dice Fraizzoli ai cronisti nel dopopartita. Boh, bisognerebbe compulsare gli almanacchi, probabile non abbia torto. Vero però che ne ha fatti altrettanti, e Bonimba s'è portato a casa il pallone (ma due li ha messi dal dischetto). Morale: Inter-Samp quattro a quattro, spettacolo a San Siro. Ma ci sono cose che bruciano. I nerazzurri hanno preso due gol negli ultimi minuti, intanto. Farsi fregare da Heriberto (sulla panca doriana) è insopportabile, inoltre. Ma soprattutto - soprattutto! - brucia questo, che per il secondo anno di fila, tornato nel suo stadio, con freddezza da grande professionista, il penalty decisivo lo trasforma lui, Luisito, sì proprio lui, Luisito. Luisito Suarez non si emoziona mai.
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1972
La papera di Gedeone

E' vero, diranno i pignoli, quel soprannome glielo diedero a Napoli, dove andò alla fine di quella stagione. Della sua annata (pure conclusa con lo scudetto in saccoccia) alla Juventus, tutti si ricordano però l'incidente di Cagliari. E' il novantesimo di una partita molto tirata, il punteggio è in equilibrio (uno a uno). "Una rimessa laterale a metà campo: Poletti appoggia breve a Domenghini. Testa bassa, piede poco persuaso, il «messicano» Domingo, anche lui rassegnatissimo dopo novanta minuti di battaglia orgogliosa e per lunghi tratti ubriacante (domandare, per conferma, ai vari bianconeri che hanno dovuto contrastarlo in azione), effettua un lunghissimo spiovente verso l'area di rigore juventina. Il pallone vola per una quarantina di metri, carambola dall'alto al basso. Carmignani esce tranquillo ad attenderlo, infatti il pallone rimbalza a terra, si avvia placido verso le mani del portiere bianconero. Carmignani è sicuro di se, ha parato finora nientemeno che quattro palloni-gol fulminatigli contro dal sinistro di Riva. Accoglie la palla, ormai spenta, che però gli sfugge, gli cade alle spalle e di sbieco, due sardi che hanno seguito l'azione per puro senso professionale si avventano come falchi. Sono Brugnera e Gori. Un tocco. E' di Gori, il migliore in campo. Fa due a uno. E Carmignani si stringe le tempie tra i guanti, i bianconeri si guardano smarriti, stupefatti. L'arbitro fischia la fine" (Giovanni Arpino). E va bene. Capita. A tutti i portieri è capitato, almeno una volta. Anche più di una volta. Lui ha l'aria di uno che, quasi quasi, appende le scarpe al chiodo. "Ho incassato un gol così assurdo che non riesco a darmi pace. Sono un tipo sensibile e mi sento distrutto moralmente. Non è il giocatore che parla, è l'uomo. In questo momento non posso dire cosa farò. Domani, a mente serena, parlerò con i dirigenti e ad essi esporrò il mio pensiero. Temo che la sfortuna possa perseguitarmi ancora. Un errore cosi non ha giustificazioni. Forse chiederò di essere sostituito, di riposare, di trascorrere qualche tempo lontano da Torino. In questo momento ho la testa vuota, non sono in grado di connettere. Lasciatemi tempo per pensare. Domani prenderò una decisione". Pover'uomo. Telefona alla moglie, singhiozzando: "Smetto di giocare". Suvvia, è solo un pallone che rotola, e qualche volta i suoi rimbalzi sono davvero molto strani. 
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Virgolettati da 'La Stampa' del 10 e 11 gennaio 1972




1974
Alzeremo anche questa coppa

Senta, cosa ci fa il Golden con la maglia numero nove?
Ah, ho capito, manca Bigon.
E il biondone chi è?
Schnellinger? Ah, gioca ancora.
Scusi, e il numero quattordici degli olandesi?
Ah ho capito, non c'è. Peccato, ero venuto soprattutto per vedere lui, ne sento dire un gran bene.
Senta, già che ci siamo: Hamrin è in panchina? infortunato? escluso per scelta tecnica?
Ah ho capito, ha smesso di giocare da qualche anno.
Anche il Ragno Nero?
Senta, se non ricordo male l'ultima volta che abbiamo incrociato costoro è finita otto a uno per noi, sette pere di Pierino.
Come? Quattro a uno? Sicuro? A proposito, non lo vedo in campo.
Ah ho capito, è passato alla Roma. Vai a sapere perché.
Come dice? Ah ho capito, il suo posto l'ha preso Cavallo Pazzo, il biliardista.
Senta, per che coppa si gioca?, non ho ben capito, enon dev'essere così importante, qui ci sono quattro gatti, comincio ad avere qualche sospetto.
Ah, ho capito, è addirittura una supercoppa. Nientemeno!
Senta, com'è che quelli in maglia rossonera non toccano palla?
"Vedrà vedrà, al primo contropiede gli facciamo passare la voglia di correre in lungo e in largo. Ecco, vede? Come si chiama il brocco che è scivolato? Blankenburg? Visto? Lancio lungo del portiere, buco del loro difensore, gol. Matematico".
Vero. Beh, quanto manca alla fine? Un quarto d'ora?
Bene, alzeremo anche questa coppa, poi mi spiega bene che coppa è.
Come? Ah ho capito, c'è ancora la partita di ritorno. In Olanda. Ad Amsterdam.
Tra una settimana.
Certo, la vedo brutta per noi.
"Ma su, un pizzico di ottimismo!"


2007
He missed a penalty!

In compenso, con quattro reti, Júlio Baptista (nella foto) timbra una delle più significative razzie compiute dall'Arsenal ad Anfield Road. Sono i quarti di finale della Curling Cup (già League Cup). Da tempo immemorabile il Liverpool non subiva sei reti fra le mura di casa; e così, "at the final whistle ... Anfield was in shock. Outfought, out-thought and, ultimately, outclassed" (Daniel Taylor, The Guardian).