26 dicembre

1917
Polidoro

"Era, Caimi, un pezzo di ragazzo grande e grosso, che giuocare sapeva, quando voleva. Compariva a lato di Fossati nell'Inter o ne prendeva il posto. Ma era irregolare in tutto quello che faceva. Era tutto istinto, scatti, impulso, improvvisazione, tratti di genio, anche, a cui succedevano periodi di rilassamento. Una domenica faceva grandi cose, e la seguente non arrivava nemmeno fino al campo perchè, per istrada, aveva trovato una bella ragazza. Ho ancora la sua tessera delle Olimpiadi, già pronta e firmata. A cose quasi già fatte, lo lasciai a casa. Eravamo amici. Mi scrisse una lettera di fuoco, gli risposi, ribadì. Stemmo senza vederci, offesi, qualche tempo. Venne la guerra. Una sera, ad una mensa ufficiali alpini ci ritrovammo: la lunga penna nera fece da paciere, ci riconciliammo nel caos di una sbornia piramidale. Pochi mesi dopo Giuseppe Caimi doveva scomparire in un vortice di gloria. Era al 7° Battaglione Feltre, comandava il plotone esploratori, alternando ad atti di valore ed a ferite, scappatelle e scappatone di ogni tipo. Cantava, suonava, dipingeva, beveva, amava ... ed andava a ricuperare l'attendente ferito, sotto il naso degli austriaci. Nel dicembre del '17, a Cima Valderoa (Monte Grappa), ferito gravemente, scappò dal posto di medicazione, tornò in linea come una furia, colpito a morte si gettò nella mischia, e non fu più visto" (I ricordi di Vittorio Pozzo). Giuseppe Caimi detto Polidoro, centrocampista dell'Inter per alcuni anni prima della Grande Guerra, morì il 26 dicembre 1917, a Ravenna (presumibilmente in un ospedale militare).
Profilo


1965
Bidoni, bidoni!!!

Pedro Manfredini, dopo la lunga e proficua militanza in giallorosso, voleva tornare in Argentina, c'erano trattative con il Racing di Avellaneda. La società aveva deciso di cederlo, dopo aver fatto cassa con Sormani, De Sisti e altri buoni pedatori. Poi s'era proposta l'Inter, perché Peirò sembrava destinato al Barcellona. Trattative sempre fallite sicché, nel mercato autunnale, 'Piedone' si accasò a Brescia. Le rondinelle erano appena tornate in Serie A (mancavano all'appello da quasi vent'anni); a fine anno navigavano tranquille a metà classifica, e al Rigamonti c'era filo da torcere per le squadre in trasferta. Era passato solo il Milan, a inizio torneo; l'Inter aveva strappato un due a due, a fatica, grazie a Guarneri, che non segnava quasi mai. Ora, a Santo Stefano, arrivava la Juve. Orfana di Sivori, certo, ma Heriberto la stava organizzando a dovere. Difesa ermetica, solo sei reti incassate nelle prime tredici partite. Bene. Proprio alla Juve, Manfredini segnò l'unico gol di quella sua prima stagione da ex romanista. Il secondo della partita (foto). Finì quattro a zero, e la sconfitta (inimmaginabile) della Juve garantì vincite da sogno ai due soli capaci di azzeccare tutti i pronostici del totocalcio. Heriberto ne fu stordito: "Non capisco perché non obbediate ai miei ordini", disse ai suoi negli spogliatoi. E il pullman bianconero ripartì circondato da tifosi (bresciani o juventini? Chi lo sa) che intonavano un coro poco di frequente indirizzato ai giocatori di Nostra Signora: "Bidoni, bidoni!!!"
Tabellino


1966
Adios Guillermo

Alla Coppa del mondo del 1930 saltò la prima partita; poi fece tre gol al Messico, due al Cile, due agli Stati Uniti e, nella finale, uno (quello del momentaneo vantaggio argentino) all'Uruguay. Non brillava nell'arte del dribbling, ma era molto veloce e battere difese e portieri era per lui un gioco irrisorio e irridente: si chiamava Guillermo Stábile, lo chiamavano el Filtrador, era nato a Baires, fu un formidabile attaccante dell'Atlético Huracán, ebbe poi sfortuna al Genoa, diventò un allenatore vincente come pochi altri nel suo paese, e restò per tanti anni alla guida dell'albiceleste. Si spense per un improvviso capriccio del cuore, là dov'era nato, il 26 dicembre 1966.