9 luglio

1950
Circo equestre

"In questo paese in cui si bada più al pittoresco che al pratico, il gioco degli atleti in maglia bianca che non ha tatticamente un binario ben definito e che è prevalentemente una fantasiosa improvvisazione, diventa uno spettacolo da ribalta che soggioga ed entusiasma la platea". Il resoconto per La Stampa di Juan Benavente ha poco da raccontare sulla partita. Il Brasile - che è "arte, scienza, circo equestre" - infierisce sulla Svezia (sette a uno), e si crea un magico appeal tra i suoi giocatori e la torcìda. La squadra arrivata dal silenzioso e placido nord dell'Europa rimane "stordita in questo anfiteatro immenso fra boati apocalittici e di fronte ad un avversario che caracollava nella tempesta, vibrando colpi continui, inesorabile e irraggiungibile". Zizinho è l'artista geniale che sforna capolavori senza mai stancarsi, dipingendo "figure rare sull'immensa tela in erba del Maracanã"; non da meno è Ademir Marques de Menezes (foto), mento spiccato e spiccato senso del gol. Ne segna tre, e poi un quarto entrando in porta col pallone.
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1987
Infido delantero

Di Antonio non ci si può fidare. Ha giocato in club importanti, molto importanti, andando e venendo sulle due sponde del Rio de la Plata. Sì, Antonio Alzamendi ha giocato nell'Independiente e nel River Plate, nel Peñarol e nel Nacional, è un delantero esperto, insidioso; di solito, sbuca improvviso convergendo da destra, e si ferma solo quando può alzare la braccia ed esultare: com'è accaduto a Tokio, quando ha regalato al River la Coppa intercontinentale, lo scorso inverno. Insomma, sui campi di battaglia si trova a suo agio; attualmente, è ancora di casa qui, proprio qui al Monumental. Ma qualcuno si aspetta che oggi, nella semifinale della Copa América, l'Uruguay riesca a spuntarla nel santuario dei campioni del mondo? Non accade da cinquant'anni. Non ci sono speranze, si dice. La festa è già pronta, vamos Argentina. Ma la festa dovrà essere annullata. Difesa e contropiede, le armi della Celeste, da sempre; Alzamendi, una rasoiata cattiva (foto), Baires è sotto choc.
Cineteca


2006
A testa bassa

Mi telefona un amico, è senza voce - per fortuna, così non può urlare nella cornetta come è sua pessima abitudine. "Mah!", sussurra, "tu cosa fai stasera?".
Ci penso su, ho qualcosa in agenda ma non ricordo cosa.
Ah sì, rispondo, c'è un dibattito alla Casa del Popolo, mi hanno chiesto di partecipare perché temono non ci vada nessuno.
"Beato te", sospira.
Se vuoi, possiamo andarci insieme.
"Sei pazzo?", urla improvvisamente, ed è come se mi fosse esploso un petardo nell'orecchio destro.
"Non dirmi che non sai cosa c'è stasera".
Ci sarà qualche partita, immagino.
"Chiamala partita!".
Non so, dimmi tu.
"C'è la finale, contro i francesi spocchiosi e fortunelli".
Bene, vinciamo facile, no? Non abbiamo già battuto i tedeschi, dov'è il problema?
"Sì, ma i tedeschi hanno Podolski, e nella Francia invece gioca Zidane", precisa con un tono davvero disperato.
Non capisco bene quale sia la differenza, lo sento singhiozzare ma non ho alcuna voglia di escogitare argomentazioni consolatorie.
"Dici che abbiamo qualche speranza?", chiede lamentoso.
Taglio corto: vinciamo. Ai calci di rigore, ma vinciamo.
"Oddio!", dice, e capisco che sta facendo qualcosa di poco elegante.
Ci salutiamo senza aggiungere altro.
Verso sera, subito dopo cena, esco. Finalmente si può andare in bici per la città senza rischi, non c'è in giro anima viva. Anche la Casa del Popolo è deserta, e il dibattito è stato rinviato a data da destinarsi.
Torno a casa, con calma.
Accendo la tivù, appena in tempo per vedere Zinedine Zidane uscire dal campo a testa bassa e passando proprio vicino alla coppa. Non la degna nemmeno di uno sguardo, dev'essere accaduto qualcosa di grave.
La partita riprende, io sono davvero stanco e mi addormento in poltrona, dopo avere staccato il telefono.
Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera
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