13 luglio


1930
Estadio Pocitos, Montevideo

Dove iniziava quella storia? Iniziava nel quartiere di Pocitos, a Montevideo, vicinissimo al Rio de la Plata.
Qui c'era un piccolo stadio, e in questo piccolo stadio giocarono la Francia e il Messico, e fu (insieme a quella che contemporaneamente oppose Stati Uniti e Belgio al Parque Central) la prima partita della prima Coppa del mondo.
All'Estadio Pocitos, però, spetta un ricordo speciale, perché è qui che venne realizzato il primo gol della competizione. Un gol storico, evidentemente, e il suo autore si chiamava Lucien Laurent, e giocava da tanti anni nel Cercle Athlétique de Parisun club ormai scomparso.
Ma è giusto che sia menzionato anche colui che per primo si piegò a raccogliere un pallone rotolato nello spazio che avrebbe dovuto proteggere. Si chiamava Oscar Bonfiglio, giocava nel Club Deportivo Marte di Cuernavaca, la città dell'eterna primavera.
Entrambi, Bonfiglio e Laurent, così come le squadre nelle quali militavano a quei tempi, non ci sono più. Nessuno potrà più chiedere loro di raccontare la gioia e la delusione che provarono in quel momento di un giorno ormai così lontano.
Cineteca
Tratto da Michele Ansani, Lenta può essere l'orbita della sfera



1950
L'improvviso silenzio del 'Cotorra'

Se qualcuno vuole pensare di aver vinto una partita contro l'Uruguay, è bene che inizi a pensarlo solo dopo che l'arbitro ha fischiato la fine. E - anzi - deve sincerarsi che il fischio ci sia stato davvero, e che sia stato quello che (inequivocabilmente) ha messo il punto alla contesa. A dirla tutta: sarebbe bene aspettare che i giocatori avversari si siano tutti rivestiti e il pubblico abbia abbandonato definitivamente lo stadio. Non si sa mai, con la Celeste. Infatti, quando i ragazzoni della Svezia pensano di averla addomesticata, alla fine manca circa un quarto d'ora. Tantissimo tempo, per uno come Óscar Omar Miguez Antón detto el Cotorra, terribile centravanti del Peñarol (foto). E' un tipo indisciplinato, e chiacchiera sempre. Davanti alla porta, però, tace improvvisamente, di modo che nessuno si accorga della sua presenza. Così, gli bastano due attimi di silenzio per castigare la Svezia, e anche il Pacaembu di São Paulo - che ha calorosamente sostenuto i nordici per la paura dell'Uruguay che tutti i brasiliani sotto sotto coltivano - improvvisamente tace.

1966
Santiago è vendicata

Quattro anni dopo, a Sunderland, l'Italia ritrova i vecchi amici del Cile. Una bella rimpatriata. Stavolta, però, i sudamericani sono molto meno aggressivi. Considerano gli azzurri fuori della loro portata e la partita un allenamento in vista dei match decisivi contro coreani e sovietici. Bene. Infatti l'Italia vince due a zero, "Santiago è stata vendicata senza spargimento di sangue" (Antonio Ghirelli). Ma gioca come peggio non si potrebbe. La cosa non sfugge a Monsù Poss: "se noi affronteremo tra un paio di giorni la squadra dell'Unione Sovietica in queste condizioni di forma e di efficienza, saremo senz'altro battuti. Viene da pensare come si potrà fare a battere la Corea stessa". Non esageriamo, monsù. Due punti sono sempre due punti, "possiamo considerarci in pratica ammessi ai quarti di finale" (Ghirelli). Certo, come no. Anzi, dobbiamo soprattutto mettere in conto di vincere il girone, "evitando la spiacevole prospettiva di affrontare nei quarti il presumibile vincitore del gruppo di Liverpool, sua maestà il Brasile" (idem). Infatti, il Brasile lo incontreremo: all'aeroporto, e insieme abbandoneremo questa magnifica terra, trascinando valigie gonfie di mesti pensieri.


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