24 giugno

1950
Un inglese a Rio

"Quanta disorganizzazione! Le colombe, le fanfare e i colpi di canno­ne non risolvono i pro­blemi. E nessuno che mi venga incontro. Peggio per loro. Se io non arrivo, la partita ovviamente nemmeno comincia, e la coppa neppure". George Reader, compaesano di Shakespeare e arbitro designato di Brasil-México, overture del campionato del mondo, si stava perdendo nelle viscere del Maracanã.  Alla fine, tuttavia, riuscì a sbucare sul prato, e fece persino in tempo a indossare la divisa. Beh, si dirà, potevano giocare anche senza di lui, cosa sarebbe cambiato? Il Brasile può fare a meno di tutto, è incline all'improvvisazione e nel futebol la esprime con massima allegria. In fondo, anche i messicani si saranno divertiti, subendo quattro gol da questi ballerini di samba, dieci ballerini più il portiere e ciascuno che si muoveva al ritmo della propria musica. Serio serio, Reader - da onest'uomo delle West Midlands - fece il suo lavoro e non dispensò molti sorrisi. Anzi. Fu abbastanza infastidito da quell'invasione di fotografi e giornalisti dopo il primo gol, ma non si fece impressionare, e con fermissima calma rese chiaro a tutti quali fossero le regole da osservare in simili circostanze. "Non si intervistano i giocatori durante la partita! Fuori dai piedi, o la sospendo!" Mentre il match procedeva verso un naturale e scontato epilogo, il suo sguardo si posava di tanto in tanto sulla folla, tutt'intorno. Gli sembrava di essere nell'epicentro di un terremoto.
Cineteca


1990
Il freddurista

Derby della madonnina negli ottavi di Italia '90. Al Meazza vince l'Inter (gol di Klinsmann e Brehme); platonica la presenza nel tabellino di Ronald Koeman, che due anni prima ad Amburgo era stato l'unico a dare la propria in cambio della maglia di un avversario, salvo mimarne un uso singolare sotto la tribuna centrale del Volksparkstadion. Il solo milanista a lasciare una traccia profonda nella partita è il mite Franklin Edmundo Rijkaard: si prende un rosso per aver espettorato in testa a Rudolf ('Rudi') Völler, che gli dava le spalle (foto). Un 'gesto' del quale nessuno ha mai saputo il motivo; forse il primo episodio del genere colto dalle telecamere e immediatamente ritrasmesso dal satellite ai quattro angoli dell'universo. Il disgusto fu unanime. Anche il tedesco fu espulso, senza ragioni apparentemente comprensibili. Si parlò di epiteti razzisti; prima Völler, poi Rijkard negarono la circostanza. A distanza di tempo Frankie dirà: "a pensarci adesso è davvero buffo, no?". E' un noto freddurista. Ma anche un olandese originario delle Indie occidentali; per lui la vittoria dei tedeschi non era un evento insopportabile. Così, dopo la battaglia di Milano, i migliori poeti olandesi non vennero nuovamente sollecitati a versificare, com'era accaduto nel 1988. I cittadini di Amsterdam non corsero più in strada per gettare simbolicamente nel cielo le proprie biciclette. Ci fu solo qualche disordine lungo la frontiera. Dal canto loro i tedeschi, che erano sembrati irresistibili nelle prime partite, uscirono un po' storditi da quell'ordalia; arrivarono in fondo al torneo e lo vinsero, ma nessuno si divertì più guardandoli giocare.
Cineteca

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