21 giugno

1964
La gran victoria del fútbol español

La Spagna è cambiata. Un po' come si appresta a fare l'Italia. Basta con gli oriundi. I fuoriclasse di svariate origini emigrati a Madrid e a Barcellona non vengono più chiamati a far parte della Selección. E la Selección raggiunge un traguardo notevole: la finale del secondo campionato europeo. La gioca in casa, al Bernabéu, contro i sovietici detentori. La vince, grazie a un memorabile gol di testa - con tuffo e avvitamento - segnato da Marcelino Martínez Cao, attaccante del Real Zaragoza e componente della famosa linea de "los 5 magnificos". La squadra è giovane e incosciente, c'è gente che corre veloce; il ritmo è infernale. Il Generale Franco è in brodo di giuggiole. Anche Monsù Poss è ammirato: "Era tempo, parecchio tempo che non vedevamo operare una squadra a quel modo. Essa ci ha ricordato, pensandoci su, quei due famosi incontri Italia-Spagna di Firenze del campionato del mondo del '36". Monsù, intanto era il 1934, e non crediamo che sia un paragone azzeccato. Morale della favola? "Con questa sua squadra e questa sua vittoria, la Spagna ha salvato il torneo che era quest'anno chiamata ad organizzare. Quella finale, quel grande incasso a cui ha dato luogo e con lo spettacolo grandioso che ha provocato, ha salvato una manifestazione che, a padroni di casa battuti, poteva anche provocare un piccolo disastro. La pietra finale ha salvato l'intero edificio". Insomma, fu una "gran gran victoria del fútbol español"; ma le Furie Rosse, da quella sera e per quasi mezzo secolo, conosceranno solo delusioni e sconfitte.
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1978
El Loco

Ramón Quiroga Arancibia. E' un portiere, è nato qui, a Rosario, e qui ha imparato il suo mestiere. Poi è andato a a difendere i pali dello Sporting Cristal di Lima, poi all'Independiente di Avellanda, poi ancora (e tuttora) allo Sporting. Ha scelto di essere peruviano, e oggi gioca per il Perù. A Rosario, nella sua città. Lui, argentino, è il portiere del Perù in una partita  contro l'Argentina decisiva per l'Argentina, che si disputa nello stadio in cui ha imparato a infilare i guantoni. A Lima lo chiamano 'El loco' (soprannome di tanti portieri), perché non ama presidiare la propria area; cerca applausi e invenzioni anche in altre parti del campo. Pazzo è tuttavia anche il suo destino. E pazzesca la partita, perché all'Albiceleste non basta vincere; deve stravincere. Le sono necessari almeno quattro gol di scarto per avere la finale. E, guarda caso, vince con un risultato più ampio di quello che la matematica pretendeva. Sei a zero. Tante cose del mundial argentino verranno discusse negli anni a venire. Tra queste, anche la presunta corruzione del 'Loco'. Ma, a riguardare le sei reti, di non tutte sembra lui il responsabile. Tutte troppo, troppo facili.
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1988
La trasformazione dell'Olanda

Bene e Male / Guarda, amore, guarda la tv: / Arancione, Gullit, Bianco. / Bianco, Matthaus, nero. Ci vuol poco ad ammetterlo: questi versi non sono granché. Anzi, sono pessimi, anche se usciti dalla penna di Eric van Muiswinkel, eclettico artista nato dalle parti di Utrecht, e dunque compaesano di Van Basten. E' accaduto qualcosa di strano, in Olanda. I cittadini di Amsterdam sono corsi in strada per gettare simbolicamente nel cielo le proprie biciclette, e i poeti sollecitati a versificare. E' accaduto qualcosa di storico:  a Gullit e Van Basten è riuscita l'impresa che mancarono Cruijff e Neeskens: battere i tedeschi a casa loro. Eliminarli in semifinale dal campionato d'Europa che avevano organizzato nella certezza di vincerlo. E' accaduto qualcosa di insolito: il rancore degli olandesi nei confronti dei tedeschi esplode a decenni di distanza dalla fine dell'occupazione nazista. Dalla fine della guerra. Anche i giocatori (in attività e no) scrivono poesie, in rude 'stil novo': Quella nuova maglia è buona soltanto / perché vi ci puliate il sedere, è l'elegante chiusa di un sonetto affidato alla posterità da Johnny Rep. "La trasformazione nazionale che avvenne quel giorno appare in tutta la sua chiarezza proprio in Jonglbloed, che il giorno precedente la partita aveva dichiarato come qualsiasi rancore tra olandesi e tedeschi fosse ormai evaporato. Il giorno dopo l'incontro, a nome della squadra del 1974, scrisse un telegramma alla formazione del 1988 in cui si leggeva: Siamo stati liberati dalla nostra sofferenza" (Simon Kuper).


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