18 maggio

1952
Le lacrime di Silvio Piola

Ha quasi 39 anni, spende gli ultimi spiccioli di carriera - a suon di gol - nel Novara, che sta portando dove non era mai stato, nella parte alta della classifica del campionato di Serie A. Manca Benito "Veleno" Lorenzi, che della nazionale è il centravanti titolare. C'è da giocare contro gli inglesi a Firenze, e allora richiamano lui. Mancava da cinque anni, l'ultima sua foto in maglia azzurra non era associata a un bel ricordo: fu scattata nel corso di una batosta umiliante al Prater, cinque a uno.
Silvio Piola, con la fascia di capitano, a Firenze, si batte come un leone. Gli inglesi non passano. Quelli che hanno trovato spazio sulle gradinate del Comunale giurano di averlo visto in lacrime. Forse. Sapeva che quel giorno sarebbe stato l'ultimo, per lui, con quella maglia.
Cineteca


1968
Il re dei Baggies

"La causa della morte è ancora ignota, ma non ci sono circostanze sospette", disse una portavoce della Staffordshire Police. Era il 20 gennaio del 2001, e la BBC così annunciava la scomparsa di Jeff Astle, all'età di cinquantanove anni. Chi non se lo ricorda, può scorrere la rosa che Sir Alf Ramsey portò in Messico nel 1970 per difendere il titolo mondiale: il suo nome chiude la lista, la sua maglia portava il numero 22. L'estate messicana offriva ad Astle una grande, ultima vetrina: lui era la star del West Bromwich Albion, che nei primi anni '70 lotterà disperatamente per potersi iscrivere, di anno in anno, alla First Division. Astle era un ariete, uno dei più notevoli - si è detto - specialisti nel gioco aereo prodotti dal football d'Oltremanica. Le migliaia di pesanti sfere di cuoio inzuccate - si è detto - produssero i danni cerebrali che lo spedirono nell'aldilà. Tuttavia, non di testa ma con una fiondata dal limite (foto) si prese, il 18 maggio 1968, la più grande soddisfazione in carriera, castigando ai supplementari l'Everton. Era la quinta coppa nella storia dei Baggies, altre non ne seguirono: e, di quella storia, Jeffrey Astle fu definitivamente "The King".



1994
Il beffardo pallonettone di Dejan

Atene. Milan-Barcellona, per la prima volta di fronte a disputarsi l'Europa. Sulla carta, per taluni (soprattutto per il grande Johan Cruijff, che allena i catalani) il match è squilibrato. "Stiamo attraversando un grande momento, ci sentiamo i più forti. Se poi devo considerare il fatto che al Milan mancheranno due giocatori insostituibili come Baresi e Costacurta, allora capisco perché Capello e i suoi abbiano paura e non si sentano tranquilli, con gli attaccanti che ci ritroviamo, gente capace di segnare 92 gol in 38 partite di Liga". Difatti non ne segneranno manco mezzo. E il Milan solo quattro. Memorabile il terzo, quello che mette in ginocchio i Catalani. Il pallonettone di Savicevic (foto). "Pallonettone da non so quanti metri, Zubizarreta annaspante come un’anatra ferita. Era, Dejan, il ricciolo di fantasia che guarniva una manovra spartana ma precisa" (Roberto Beccantini).
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