17 maggio

1953
La paura degli ungari

A Roma c'è il nuovo, grande stadio, costruito in vista delle Olimpiadi. E' il giorno dell'inaugurazione. Si tratta davvero di un grande evento: la nazionale azzurra - alla ricerca della perduta forza - affronta (è un match valido per la Coppa Internazionale) la squadra più forte del pianeta. Monsù Poss, dalle colonne de La Stampa, evoca felici ricordi, e sostiene che i magiari non siano tranquilli. "Per forti che essi siano, per deboli che noi siamo, degli italiani diffidano". Non solo: "hanno paura". Sa bene tuttavia, il vecchio alpino, che "sulla carta" l'Italia è inferiore. Infatti. Finisce con un secco tre a zero. Risultato accettabile, in fondo: ad altri era andata e andrà molto peggio.
Cineteca


1959
'El Conejo' e 'O Expresso da Lima'

Per Walter Winterbottom ci poteva anche stare, il due a zero incassato qualche giorno prima dal Brasile campeão do mundo. La tournée sudamericana serviva per avviare la ricostruzione di una squadra e di un minimo di credibilità, dopo i tremendi rovesci  degli anni Cinquanta, e ora arrivavano partite meno complicate. A Lima non nutrivano grosse speranze, in Copa América (disputata solo due mesi prima), non si poteva certo dire che la Blanquirroja avesse brillato. Si esaltò contro gli inglesi: tripletta di Juan Seminario, e notorietà assicurata per alcuni pedatori indigeni, che di lì a poco emigrarono in Europa e a giocare per la loro selecciòn non tornarono più. Fra questi, a noi più noti sono senz'altro Juan Seminario e Víctor Benítez. Il primo, "o Expresso de Lima", ala sinistra di rapidità pari all'egoismo, fu ammirato per due stagioni a Firenze, dove arrivò via Portogallo-Spagna e da dove (senza versamenti di lacrime) ripartì con un biglietto per Camp Nou. L'altro ("el Conejo") si accasò al Milan nel 1962 dopo una deludente parentesi al Boca (non avevano capito se fosse un delantero o un mediano, lo consideravano un atipico, variante per loro indigesta: "la de quel el hombre corra más rápido que la pelota"). Girovagò in terra italica lungo tutti i '60, poi tornò in Perù e lì concluse i suoi giorni da pedatore. Per entrambi, l'esibizione contro i maestri costituì la rampa di lancio: nel vecchio continente trovarono i quattrini ma non la consacrazione che forse immaginavano. Probabile che un malinconico sorriso si stampi sui loro volti, quando i nipotini domandano di rievocare quel pomeriggio all'Estadio Nacional di Lima.
Tabellino e pagelle (da  "La Prensa" del 18 maggio) | Highlights (LQ)


2014
Il decimo titolo dei Colchoneros

Camp Nou, ultima partita della Liga; catino assolato, colori, moltitudine. Se il Barça vince, è campione; altrimenti, lo è la 'seconda' squadra di Madrid. Match intenso, lento, a fasi incerte. I Colchoneros sono guidati da una mano di rara sapienza, pressano nell'area avversaria e in un istante ripiegano chiudendosi a testuggine. Vanno sotto, ma negli ultimi cinque minuti del primo e nei primi dieci del secondo tempo scatenano un'offensiva rabbiosa; sanno di meritare il titolo, e se lo vanno a prendere. Poi lasciano il pallone e concedono l'assedio; un assedio sterile, un copione scontato. Gli uomini di Diego Simeone (foto) escono tra gli applausi dal campo di una squadra che era già nella storia e che schierava ancora quasi tutti i suoi gloriosi assi del recente passato.


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