28 marzo

1897
L'uomo del miracolo

Nasce, a Mannheim, Josef "Sepp" Herberger. Pare fosse un ottimo centravanti in gioventù. Dopo il fallimento della Fussballmannschaft hitleriana alle Olimpiadi berlinesi siede lui in panca, e porta i tedeschi al miracolo di Berna. Tiene il posto fino al 1964, senza più cavare un ragno dal buco. "La palla è rotonda, e perciò la direzione della partita può cambiare", usava dire. Infatti.
Cenni biografici



1940
El Negro

Nasce, a Paysandú, sulla sponda sinistra dell'Uruguay (e dunque in Uruguay), Luis Alberto Cubilla Almeida. El Negro, uno dei più grandi giocatori uruguagi dell'era moderna. In tutto il Sudamerica sono pochi quelli che tengono in bacheca più trofei di Cubilla. Titoli nazionali, a bizzeffe, da allenatore e da giocatore; coppe internazionali, idem. Lo ricordiamo soprattutto con la maglia giallo-nera del Peñarol, e con quella celeste dell'Uruguay nei mondiali del '70, quando in semifinale mise paura al Brasile facendo il gol dell'uno a zero. Senza Pelé, anche la sua storia - già grande - poteva cambiare.


1968
L'agricoltore

Si spegne, a Vercelli, Carlo Rampini. Nella Pro degli anni ruggenti, era tra i giocatori di maggior prestigio. Segnava valanghe di gol, grazie alla potenza e alla precisione balistica; si cucì sul petto nientemeno che cinque scudetti. "Un mio amico agricoltore come lui mi ha raccontato che dopo l'allenamento tornava alla sua cascina saltando un paracarro dopo l'altro" (Gianni Brera). Già: il calcio era un passatempo lussuoso per lui, che smise a soli 24 anni per occuparsi dei campi.


1993
Il ragazzo si farà

Guarda il ragazzino, sì quello della foto. Sorride. Certo che è contento. Forse oggi gioca. Sì, non tutta la partita. Entrerà nel secondo tempo, o quando deciderà zio Boskov. Difficile dire. Pensa: non ha nemmeno diciassette anni. Ha stoffa, si dice. A Roma sono sicuri: sarà un campione. Difficile dire, la sua è un'età strana. Nemmeno ancora si capisce cos'è: un centrocampista? un'ala? un centravanti? Difficile dire. Vedremo. Dicono che quando giocava con quelli più grandi, al campetto, non lo sceglievano mai al momento di fare le squadre. Dopo cinque minuti, aveva fatto qualche gol e gli altri, quelli che per ultimo tra lui e il pallone avevano preferito il pallone, pretendevano di rifare le squadre. Mah, saranno storie. Vedremo. Si chiama Francesco. Francesco Totti, sì.
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